Intervista Massimo Scaccabarozzi

Silvia VernoticoSilvia Vernotico

Silvia Vernotico

13 min
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Intervista Massimo Scaccabarozzi

Presidente di Janssen Italia, Presidente di Farmindustria, ma se dovesse descrivere Massimo ai ragazzi che seguono FY con tre aggettivi, con la semplicità che la contraddistingue, quali sceglierebbe?

Premetto che a me piace tanto parlare e confrontarmi con i giovani, perché credo – soprattutto nel momento storico che stiamo vivendo – che i giovani debbano sempre credere in loro stessi, nel loro potenziale e se posso essere di aiuto con esempi, e come esempio, che possa guidarli alla scoperta della propria “scintilla” non posso che esserne felice. Così come lo è stato per me mio padre, io vorrei provare a essere, per loro, una sorta di mentore e mettere a loro disposizione le mie esperienze, le cose belle che mi hanno riguardato ma anche gli errori da cui ho appreso tantissimo. E poi credo che dai giovani ci sia sempre da imparare. Descrivermi con tre parole? In primis autentico e leale, nel senso che ho sempre cercato di essere me stesso, senza filtri, a prescindere dal ruolo che sto ricoprendo in un dato momento e dalle persone con cui mi rapporto, senza mai scendere a compromessi. Mi ritengo inoltre appassionato della vita, del mio lavoro, dell’amore - quello che provo per le persone con cui condivido la mia vita personale o professionale che sia, amore e attenzione per il prossimo, per la mia famiglia, per i miei amici - e dei miei hobby, che coltivo nel tempo libero. E infine altruista, perché penso sempre all’impatto delle mie azioni sugli altri e mi impegno affinché sia positivo perché la vita è fatta in primis di persone più che di ogni altra cosa.

L’incipit del suo nuovo libro "Capitano mio capitano: Quando il lavoro diventa passione. Appunti di viaggio e di vita" si apre con una riflessione, leader si nasce o si diventa. Sfogliando le primissime pagine, Lei viene definito un “leader naturale”: ci sono dei tratti caratteristici di ciascuna persona innati o la leadership è semplicemente un esercizio di stile, di pensiero che si può acquisire?

Penso che la risposta stia nel mezzo: si può nascere leader, ma è responsabilità di ognuno di noi sviluppare questa capacità. Possiamo avere dei tratti caratteristici che nascono dal nostro vissuto, dal contesto in cui viviamo e da tante altre variabili che ci portano ad essere un certo tipo di leader e a distinguerci dagli altri. Tuttavia, questi tratti possono trasformarsi nel tempo. Per questo, considero quello della leadership più un percorso che qualcosa di statico. La nostra anima, come il corpo, va allenata e muta negli anni. E noi, parallelamente, impariamo a domarla.

Ogni capitolo si apre con una citazione, il primo in particolare recita così:

Le mie parole chiave: incontrare persone, aprirsi al cambiamento, apprendere in continuazione… con la forza di volontà si fa tutto.

Che cosa ne pensa Massimo? È la combinazione di questi tre fattori che può portare al successo tanto nella sfera privata quanto in quella lavorativa?

Per me il successo sta nel non considerarsi mai “arrivato”. Il continuo apprendimento, il mettersi in gioco quotidianamente in ogni situazione, mi spinge a conoscermi sempre di più e a capire quali sono i miei punti di forza e i miei margini di miglioramento. Non voglio chiamarli “punti deboli”, perché anche queste caratteristiche sono state e sono tuttora fondamentali per essere quello che sono oggi. Incontrare ogni giorno persone mi permette di “pensare fuori dagli schemi”, di vedere realtà diverse, e conoscere pensieri anche distanti dai miei e di continuare a imparare.

Questo si ricollega molto al discorso sul cambiamento: si dice sempre che il cambiamento spaventa, paralizza, perché si sa cosa si lascia dietro ma non si sa cosa si potrà trovare. Penserete che sia strano, ma a me invece affascina: la staticità mi fa sentire in gabbia, il movimento mi dà la possibilità di mettermi costantemente in discussione, di pormi domande, di rivedere le mie convinzioni e le mie priorità, che magari in un dato momento potevano andar bene, ma che con il trasformarsi delle situazioni e dell’ambiente che mi circonda necessitano di essere riviste. Chiaro che deve essere un cambiamento guidato da sani principi e valori ai quali non si deve contravvenire, mai. Prendo in prestito le parole di Steve Jobs per rivolgermi ai lettori: "abbiate fame di conoscenza, sempre!"

Un episodio divertente che Lei racconta nel libro è quello accaduto il giorno della prima elezione in Farmindustria. Caso volle che coincidesse con il concerto della sua band, la JC Band, interamente composta da dipendenti Janssen. Quel giorno fu eletto Presidente di Farmindustria, doveva fare la sua prima conferenza stampa da neoeletto ma la sua band la attendeva per le prove del concerto che si sarebbe svolto di lì a poco. Che cosa accadde quel giorno? Ci racconta la storia della band e quanto Massimo, in qualità di frontman della JC Band, tiene a questa iniziativa?

Questo episodio testimonia quanto la mia vita personale e professionale vadano di pari passo. Il caso ha voluto che proprio il giorno della mia prima elezione come Presidente di Farmindustria cadesse a inizio giugno, in concomitanza con un concerto di beneficienza della JC Band che avevamo organizzato già da tempo. Per chi non la conoscesse, la band è nata nel 2008 ed è composta da me - che sono il frontman, voce e chitarra - e altri colleghi di Janssen. Da oltre dieci anni ci esibiamo in tutto il mondo con un solo obiettivo: raccogliere fondi e dare voce a chi ne ha più bisogno attraverso la musica, trasmettendo messaggi di forte solidarietà. Non avete idea di quanti messaggi di gratitudine abbiamo raccolto in questi anni e ogni volta che li rileggo mi emoziono come la prima volta.

Tornando all’episodio, quella sera avrei dovuto tenere la prima conferenza stampa in veste di Presidente di Farmindustria e in contemporanea essere sul palco. Non volevo sacrificare nessuna delle due occasioni perché erano per me molto importanti entrambe, così sono riuscito a rimandare la prima alla mattina dopo e ad esibirmi, oltretutto coinvolgendo giornalisti e imprenditori che avrebbero dovuto partecipare alla conferenza e che invece si sono uniti al pubblico del concerto. Conservo ancora un bellissimo ricordo di quel momento. Ed era la mia prima apparizione pubblica come Presidente di Farmindustria. Qualcuno ha ironizzato sulla cosa, io ne ero felice. Ero me stesso e non volevo essere diverso da quello che sono.

Ognuno di noi è unico. Anche un malato è una persona che vive la sua condizione di malattia in modo unico.

Ed è per questo, scrive nel suo libro, che ama conoscere delle storie di vita e promuovere iniziative di beneficenza come quelle che sta portando avanti con questo libro. Cosa significa per Massimo mettersi al servizio degli altri?

Chi mi conosce sa benissimo che a me non piace parlare di “diversità” ma di “unicità”. E’ chiaro che siamo diversi, ma diversi da cosa? Da qualcosa che si definisce lo standard? No, ognuno è UNICO e la sua unicità merita rispetto e considerazione.  Per me “darmi” agli altri significa tutto. Avete presente quando capita di interrogarsi sul senso della vita? Vi domandate mai quale sia lo scopo e la missione che volete portare avanti? Ecco, la mia risposta è nella domanda che mi avete posto. Ho sempre pensato di essere nato “fortunato”, nel senso che i miei genitori e, in generale, la vita non mi hanno fatto mancare nulla di quelli che ritengo siano i valori importanti: etica, rispetto, umiltà, senso del dovere. Spesso si confondono i veri valori della vita. Quello che poi facciamo è una conseguenza di tutto ciò che noi siamo e la sorte può giocare un ruolo importante. Ma non deve essere un alibi mai, soprattutto in negativo. Al contempo, ho avuto modo di conoscere direttamente e indirettamente le difficoltà cui la vita ci mette di fronte e questo mi ha aiutato a capire che più che quello che fai è importante come lo fai e con chi lo fai.

Un’altra testimonianza sta proprio nella mia stessa autobiografia "Capitano mio capitano | Quando il lavoro diventa passione." Quando mi è stato chiesto di provare a raccontare la mia storia, non ci ho pensato due volte a devolvere tutto il ricavato del libro all’Associazione Lorenzo Perrone Onlus, una realtà davvero preziosa nel territorio di Cologno Monzese (dove sono cresciuto) che supporta i malati oncologici e i loro familiari, a cui mi sento particolarmente vicino.

Non bisogna mai prendersi troppo sul serio, ma avere il coraggio di essere sempre se stessi.

Questo è il principio della sua leadership. Quanto è difficile far capire che si può essere il frontman di una band che gira l’Italia per beneficenza vestito da Capitano uncino e al contempo vestire giacca e cravatta e presiedere in qualità di Presidente di Farmindustria?

Qualche giorno fa il Papa è stato ospite in una trasmissione televisiva e il suo discorso sull’umorismo mi ha colpito particolarmente. Ha detto: “Il senso dell’umorismo è una medicina, ti fa relativizzare le cose e ti rende gioioso. Questo ti fa tanto bene” e non posso essere più che d’accordo. Non ho mai trovato difficoltà nel ricoprire numerosi ruoli, a volte così distanti l’uno dall’altro, proprio perché - come detto inizialmente – voglio essere una persona autentica e non mi piace indossare maschere che non mi rappresentano o cambiare a seconda della situazione. Tutti dovremmo trovare il coraggio di essere noi stessi, di portare in ogni momento il nostro “io” e di inserirlo nel contesto che stiamo vivendo. Il rispetto ti viene concesso per quello che sei veramente, non per quello che fingi di essere. E se c’è una frase che mi piace è proprio: “Agisci e lavora come un capitano, gioca come un pirata”.

Farmacista dell’Anno, CEO dell’anno per ben due volte, nominato Collegiale Honoris Causa del Nobile Collegio Chimico Farmaceutico Universitas Aromatariorum Urbis, queste sono alcune delle onorificenze che ha ricevuto nel corso della sua carriera. Il quarto capitolo del suo libro si apre con questa frase

Non vivo di ambizione: i miei genitori mi hanno instillato questo difetto... quando iniziavo a fare i primi passi tutti facevano fatica a credere che non fossi interessato alla carriera.

In un mondo in cui l’ambizione viene sentita particolarmente dai giovani come uno stimolo propulsivo per affermarsi nel mondo del lavoro, come spiega Massimo questo suo “difetto” ai giovani?

Ho sempre avuto l’ambizione di fare bene e al meglio quello che stavo facendo in quel preciso momento, senza pensare al dopo; il dopo l’ho sempre lasciato a chi guardava quello che facevo e a come lo facevo con la consapevolezza che se lo avessi fatto bene si sarebbero occupati del mio sviluppo. Ecco, credo sia questa la giusta ambizione che debbano avere i giovani, un’ambizione positiva. Quando è scoppiata l’emergenza pandemica, il mio pensiero è andato subito a loro, alle generazioni future che, nel momento più importante e decisivo della loro vita, si sono visti privare di esperienze importanti, tra cui la possibilità di confrontarsi con gli altri. E si sono visti privare di una parte importante del loro momento di vita. Due anni sono una parte pesante su un periodo che non è lunghissimo quale, ad esempio, l’adolescenza. Sapere che, nonostante tutto, i ragazzi siano determinati e vogliano crescere, completarsi, acquisire esperienza e competenze mi fa un enorme piacere.

Per quanto riguarda la mia esperienza, ho sempre cercato di tenere i piedi per terra, rincorrendo gli obiettivi con tutta l’energia che avevo ma sempre con grande umiltà. Non mi è mai stato regalato niente, anzi. Se avete letto il mio libro, saprete quanto non sia stato facile. Penso, inoltre, che nel mio campo, quello della salute, più che di “ambizione” si debba parlare di “vocazione”: senz’altro tutti i riconoscimenti mi hanno regalato enormi soddisfazioni, ma la soddisfazione più grande e quella di sapere di aver contribuito a fare qualcosa di concreto per chi ne ha davvero bisogno.

Etica, passione, impegno, rispetto: questi sono alcuni dei valori che cita nel libro, affinché raccontare la sua storia possa aiutare i più giovani a comprendere e assimilare un sistema di valori che aiuti a costruire un mondo migliore. Quali sono le sfide più grandi che un giovane deve affrontare secondo Lei al giorno d’oggi nel nostro settore?

Quello che abbiamo vissuto in questi ultimi due anni ci ha insegnato che non possiamo dare nulla per scontato. Il dottor Paul Janssen diceva sempre “i pazienti stanno aspettando”. Nonostante sia passato molto tempo da questa sua affermazione, la trovo più attuale che mai: là fuori ci sono tante persone che hanno bisogno di noi. L’emergenza pandemica ha messo a dura prova il nostro Sistema Sanitario Nazionale, facendo emergere alcune criticità, ma al contempo ci ha fatto riscoprire il valore della salute come bene collettivo. È nostro dovere ora, a partire dagli insegnamenti appresi durante la pandemia, lavorare – insieme a tutti gli altri attori della Salute – per lo sviluppo della Sanità del futuro: sono convinto che abbiamo tutti i mezzi per migliorare il Sistema, per supportare e stare accanto ai pazienti in modo sempre più efficiente, per riuscire a prevenire tempestivamente le malattie e regalare del tempo prezioso ai pazienti. Lo dobbiamo a tutti coloro che hanno pagato con la vita questo terribile momento.

Cari ragazzi, mi rivolgo a voi: informatevi, leggete, continuate a studiare, guardate “oltre”. Questo vi permetterà di acquisire competenze e riflettere sul contributo che potete dare nella società. E non dimenticatevi mai del valore più grande: le persone.

E pensare che domani sarà meglio… senza arrendersi mai.

I momenti difficili capitano e capiteranno nella vita privata e professionale di tutti. Come un giovane dovrebbe approcciarsi a questi inciampi che fanno parte della vita ma che potrebbero essere visti come un momento di sbandamento, di mancanza di fiducia nelle proprie capacità?

Ai ragazzi domando sempre: “avete mai pensato a quanto sarebbe noioso avere una vita monotona e sicura?”. Se potessimo controllare tutto, non saremmo in grado di stupirci. Certo, come dite voi, i momenti difficili non risparmiano nessuno e davanti al dolore siamo tutti uguali. Ma è da queste difficoltà che costruiamo la nostra corazza. Ogni volta che cadiamo, ci rialziamo un po’ più forti e consapevoli. Un filosofo americano sosteneva che "non impariamo solo dall'esperienza ma impariamo dal riflettere sull'esperienza". So che è difficile, perché ci sono passato anche io, ma non fatevi distrarre dalla sindrome dell’impostore. Qualsiasi cosa facciate, se ci mettete il cuore, ne varrà la pena. Non aspettatevi che gli altri vi dicano “bravi”, ditelo a voi stessi. Fermatevi a riflettere sull’esperienza vissuta, sulla lezione imparata e datevi una pacca sulla spalla. Inoltre, ricordatevi che se non si sbaglia, se non si fallisce almeno una volta nella vita, non si avranno gli strumenti giusti per migliorarsi la volta successiva. E cercate sempre in Voi l’automotivazione. Dà energia e spinge a non perdersi d’animo mai perché è vero, domani è sempre meglio perché è un giorno in più, un giorno nuovo.

Una vita spesa al servizio del nostro Paese, dall’indotto che l’Industria Farmaceutica rappresenta nella sua figura, passando per la beneficenza, fino ai giovani. Lei stesso dedica le ultime pagine della sua autobiografia alle nuove generazioni dicendo

Il sogno della mia vita è poter lasciare qualcosa ai ragazzi, raccontare loro la mia storia, perché il futuro è dei giovani e se posso essere loro d’aiuto non posso che esserne felice.

Qual è il messaggio che vorrebbe che le generazioni di futuri professionisti del mondo farmaceutico e non cogliessero dalla lettura della sua autobiografia?

Vi auguro, ragazzi, di trovare la vostra “scintilla”, quella cosa per cui la sera andate a dormire con un sorriso, soddisfatti di quello che avete fatto, quella cosa che vi fa alzare la mattina con tanta voglia di fare. Trovate il lavoro che vi appassiona, e se non avete la fortuna di fare qualcosa che vi piace, fate quello che fate con passione, trovate il modo di farlo con piacere circondatevi di persone che possano contare per voi (attenzione, non perché ricoprono ruoli importanti, ma piuttosto perché riescano a tirar fuori la parte migliore di voi) e siate altruisti.

Vorrei davvero che la mia autobiografia aiutasse e ispirasse le giovani generazioni ad ascoltare il cuore, a lanciarsi, avere coraggio e soprattutto a essere consapevoli del fatto che la vita è una sola e che ognuno ha gli strumenti giusti per costruire il futuro che si merita e che desidera.

Link al libro di Massimo Scaccabarozzi Capitano mio capitano: Quando il lavoro diventa passione. Appunti di viaggio e di vita

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